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Introduzione

Definizione del libro e terminologia relativa

nomenclatura libro

Il libro stampato è un oggetto quotidiano, di uso comune, un prodotto complesso frutto di professionalità diverse.

Fisicamente il libro si presenta come un certo numero di fogli stampati o comunque scritti in un dato formato, assemblati e tenuti insieme da una legatura. Nella descrizione degli elementi costitutivi, la terminologia del libro  attinge al vocabolario specialistico della legatoria. Esternamente abbiamo la copertina, costituita da tre macro elementi, i piatti o specchi e il dorso o costa: gli angoli rinforzati che si trovano a volte nel piatto anteriore e in quello posteriore — negli angoli liberi delle due copertine — sono detti punte, mentre la parte di copertina che sporge dal blocco delle pagine si chiama unghiatura; il dorso corrisponde allo spessore dei fogli interni; sul dorso, quasi sempre stampato, possono trovarsi alcuni rialzi detti nervi che limitano porzioni del dorso che prendono il nome di caselle; l'insieme dei fogli di un libro chiuso è detto taglio, la parte superiore taglio superiore o testa, la parte inferiore taglio inferiore o piede. Il margine esterno è detto anche margine di taglio, mentre quello verso l'interno del libro si chiama margine interno o di cucitura. Internamente, i fogli di carta legati alla copertina si dicono risguardi o risguardie o fogli di guardia; ogni lato dei fogli interni si dice pagina.

La copertina — sempre presente nel libro moderno — non è a rigore strettamente necessaria per farci riconoscere un libro. E tuttavia, nell'esaminare un volume, non è facile capire quali sono gli elementi in base ai quali decidere che l'oggetto in questione sia proprio un 'libro'. E infatti rimane spesso difficile definire il libro in maniera univoca.

Una Raccomandazione dell'Unesco del 1964 avverte che  «il libro è una pubblicazione stampata, non periodica, con più di 49 pagine». Al di sotto di tale numero dovremmo parlare più propriamente di opuscolo, brochure, libretto, ecc., ma si capisce facilmente come questa semplice convenzione non possa essere considerata valida in ogni situazione.

In realtà, parlando di libri sembra normale e generalmente accettato potersi riferire al libro stampato. Una definizione del libro che includa la stampa fra le sue caratteristiche essenziali però dovrebbe ben presto fare i conti con il libro manoscritto, a buon diritto libro a tutti gli effetti.  Non solo. Questo aspetto può dirsi oggi profondamente in discussione, soprattutto se si consideri che la distribuzione elettronica dei documenti permette l'esistenza e la circolazione di libri che possono essere letti sullo schermo, senza essere stampati. Frederic Barbier nella sua Storia del libro osserva inltre che mentre il libro sembra opporsi al periodico (giornale, rivista, ecc.), inspiegabilmente più giornali o riviste rilegate insieme costituiscono senza dubbio un libro.

Il nome del libro è dappertutto una metonimia: quasi sempre il supporto per la scrittura, per la maggior parte un tipo di legno, viene preso per lo scritto. Nelle lingue romanze, l'italiano libro, il francese livre, lo spagnolo libro, il portoghese livro proseguono tutti il latino liber, propriamente una pellicola biancastra compresa fra il legno e la corteccia, usata come materiale scrittorio nell'antichità, secondo quanto riporta Plinio.

Per estensione poi, libro viene a indicare anche il contenuto, l'opera o una parte di essa.

Il volumen era una striscia di papiro arrotolata intorno a due assicelle, e deriva il nome dal latino volvere, 'avvolgere, girare'. Il codice invece deve il suo nome al codex un insieme di tavolette di legno (codex appunto) incise, tenute insieme con uno spago.

Nelle lingue germaniche, il tedesco buch e l'anglosassone book derivano dall'alto tedesco bokis, che vuol dire 'faggio'. In greco il nome del libro biblion era derivato da biblos, il nome del papiro egiziano, e probabilmente nulla ha a che vedere con la leggendaria omonima città dei Fenici. In italiano il plurale di biblion ha dato nome alla Bibbia, ta biblia, vale a dire «i libri» per eccellenza. Dal canto suo il papiro ha prestato il suo nome alla carta nella lingua francese, papier.

Il libro come nasce nella mente dell'autore è solitamente diverso da quello che sarà realmente disponibile per la vendita in libreria. Da un punto di vista concettuale, infatti, la materia prima indispensabile per la confezione di un libro è certamente il contenuto, e l'organizzazione dei contenuti è solitamente affrontata e risolta dall'autore, salvo indirizzi particolari forniti dalla casa editrice, quando il libro debba essere inserito in una collana o rispondere a particolari esigenze editoriali.

Una buona organizzazione dei contenuti di una pubblicazione può essere ottenuta pianificando preventivamente le relative voci di indice. È buona norma all'inizio del lavoro creare un primo sommario del volume per capire, improvvisati lettori di se stessi, cosa cercheremmo nel libro, verificare la validità e la completezza degli argomenti trattati, colmare eventuali lacune.

Formati librari

Le dimensioni di un libro, e di una pubblicazione in genere, dipendono in larga misura dal formato del foglio macchina (il foglio di carta steso impiegato nella stampa), che, una volta stampato, sarà piegato più volte su se stesso dando origine a un fascicolo contenente un dato numero di pagine.

Il fascicolo è detto quartino se contiene 4 pagine, ottavo se ne contiene 8, sedicesimo se ne ha 16 e trentaduesimo se ne contiene 32. Il sessantaquattresimo, contenente 64 pagine, non è solitamente destinato alla legatura.

Formato della carta

Il formato carta fa riferimento alle dimensioni del foglio, solitamente espresse in centimetri. La voce 'formato' è correntemente impiegata per designare le dimensioni del libro o di una pubblicazone.

Il formato deve il nome al telaio, detto appunto forma, di solito in legno di cipresso al cui interno erano tesi sottili fili di ottone, detti vergelle, ancorati ad alcune traverse di legno, i filoni, disposti perpendicolarmente alle vergelle. Quando si immergeva la forma nel tino o nella vasca che conteneva l'impasto acquoso ottenuto dalla macerazione dei cenci (il pesto), i filoni e le vergelle ne riuscivano a trattenere una parte che liberata dall'acqua in eccesso, dopo un ulteriore trattamento con colla e successiva asciugatura, sarebbe diventata un foglio di carta di dimensioni pari a quelle dello staccio.

Intrecci particolari nella trama della forma variabili da cartiera a cartiera costituivano la filigrana, uno spessore ridotto e calcolato in alcune aree del foglio di carta che restituiva disegni e scritte visibili in controluce. Per queste loro particolarità, le filigrane sono molto studiate al fine di stabilire provenienza e datazione di libri e documenti.

Le cartiere forniscono carta in qualsiasi dimensione se il quantitativo ordinato è adeguato.

Impostazione della pagina

Il progetto di una pubblicazione, cartacea o elettronica, richiede, da un punto di vista grafico, in primo luogo la scelta di un formato e la successiva determinazione dei margini. Nel caso di pubblicazioni che si sviluppano per più di un foglio (cioè due pagine), è opportuno, addirittura necessario, riferirsi al volume aperto, in modo da avere sotto controllo entrambe le pagine, come saranno viste dal lettore, mettendoci in tal modo al riparo da spiacevoli sorprese.

Questo è tanto più vero se progettiamo un pieghevole che aperto può mostrare 3, 4 anche 5 o 6 pagine, definite dalle piegature, all'interno delle quali può scorrere una foto o formarsi un disegno, non percepibile all'osservazione di una pagina singola. In generale per qualunque lavoro, è necessario operare sul formato aperto e poter controllare così ogni aspetto della nostra pubblicazione, piuttosto che fissare l'attenzione sulla singola facciata. I software specializzati consentono di affiancare le pagine solitamente attraverso la spunta di un checkbox 'pagine affiancate' o, in inglese, 'facing pages'. In caso siano da affiancare più di due pagine, sono previsti comandi particolari, come in InDesign per esempio.
 
layoutlibro
 

A. Pagina pari / Pagina sinistra – B. Pagina dispari / Pagina destra
1. Numerazione di pagina – 2. Gabbia o Specchio – 3. Testatina
4. Cucitura o margine interno – 5. Testa o margine superiore
6. Taglio o margine esterno – 7. Piede o margine inferiore

 

Scegliamo l'ampiezza dei margini e riportiamoli nelle impostazioni del nostro documento, per entrambe le pagine, di destra e di sinistra. Per fare questo è di solito sufficiente scegliere nuovo documento nel nostro programma di impaginazione e inserire le misure dei margini nei campi di testo di solito indicati con le etichette 'superiore', 'inferiore', 'esterno' e 'interno'. Queste due ultime voci compaiono in sostituzione delle etichette 'sinistro' e 'destro' quando si scelga l'opzione pagine affiancate.

Si intende facilmente che con riguardo alle diciture utilizzate in legatoria, al margine superiore corrisponde il margine di testa, a quello inferiore corrisponde il margine di piede, al margine interno fa riscontro il margine di cucitura e a quello esterno il margine di taglio.

Se esaminiamo un volume qualunque, ben fatto s'intende, ci accorgeremo che, di solito in contrasto con ciò che crediamo sarebbe ragionevole, il margine bianco lasciato libero dal testo verso l'interno della legatura è sempre minore o al massimo uguale di quello esterno. Troveremo altresì che il margine inferiore è sempre maggiore di quello superiore. Questo perché la definizione dei margini risponde a regole antiche ormai consolidate e nella maggior parte dei casi solo parzialmente disattese dai progettisti.
I margini sono nati con l'evidente intenzione di proteggere il testo contro l'abrasione e l'usura dei bordi del foglio. Nel libro manoscritto essi venivano tracciati a secco sulla pergamena, con un puntale, e definivano così la gabbia o specchio all'interno della quale il copista riportava il testo.
Con l'invenzione della stampa, i margini divennero una realtà concettuale: essi dovevano essere definiti astrattamente e riflessi nella forma di stampa che posizionata a registro sul foglio realizzava i margini su carta. Non era un'operazione facilissima. Nel Rinascimento, tutta l'arte subì l'influenza delle teorie di Luca Pacioli, un frate matematico di Sansepolcro, che promosse la ricerca e l'uso della divina proportione, ribattezzata nell'ottocento proporzione aurea. Anche nell'industria libraria del tempo si affermò l'uso del rapporto aureo,  relativamente alla definizione dei margini e al rapporto fra testo e bianchi nella pagina, che determinarono stereotipi di pagina nel modo che ancor oggi  conosciamo. Rotschild e Rivo hanno studiato decine di incunaboli e cinquecentine e hanno potuto dimostrare una precisione nella ricerca di questo metodo che a volte rasenta la pignoleria.
La scelta delle misure dei margini è una questione di gusto personale, oltre che di cultura condivisa e diffusa, mediata dalle esigenze editoriali, dall'argomento, dal tipo di pubblicazione e di contenuto.
In ogni caso è preferibile non scendere mai al disotto dei 10 mm per il margine interno; sul margine esterno, benché la precisione nel taglio e nella piegatura sia stata notevolmente accresciuta dall'impiego di piegatrici e rifilatrici automatiche, si rischia di avvicinare pericolosamente il testo al margine di taglio e non poter più garantirne l'incolumità.
Si tenga tuttavia presente che a seconda della consistenza del volume e del metodo impiegato nella rilegatura, un margine interno molto esiguo può rendere difficoltosa la lettura a causa dell'apertura quasi mai completa delle pagine, almeno nei volumi rilegati con copertina morbida.
Per non avere la sensazione che il testo 'scivoli' via dalla pagina, a causa della percezione del centro ottico della pagina posto sensibilmente più in alto del centro fisico, sarà buona norma tenere il margine inferiore sempre superiore, o almeno uguale, al margine superiore. Cioè si faccia in modo che sia:


piede ≥ testa
 

In generale poi, per le abitudini editoriali contratte e consolidate nel tempo, in una progettazione che si rifaccia a canoni classici è sempre
 
cucitura ≤ testa ≤ taglio ≤ piede
 
Nel design attuale a seconda del prodotto si può in definitiva trovare di tutto, pubblicazioni in cui tutti i margini sono uguali o in cui i margini siano uguali a due a due sono tuttaltro che infrequenti, ma chi si avvicina alla composizione prima di aver fatto lunghe e formative esperienze farà bene a rispettare tali relazioni che, se non lo metteranno in condizioni di creare una grafica avveniristica, lo salveranno comunque da errori marchiani vigorosamente sanzionati dal pubblico più attento.

Le parti del libro

Sebbene la copertina rappresenti un importante elemento costitutivo del libro dal punto di vista marketing e della comunicazione, per le parti del libro si intende di solito riferirsi esclusivamente alla divisione delle pagine interne.

Seguono questo criterio il Nuovo Manuale di Stile di Roberto Lesina, il Chicago manual of style e l'Oxford Guide to Style, per esempio, mentre include la copertina fra le parti costituenti del libro il Manuale di redazione, curato da Edigeo. Pesa naturalmente su queste scelte una ragione storica, dal momento che la copertina può considerarsi elemento acquisito relativamente di recente e non un costituente intrinseco. Anch'io seguo questa scuola, ritenendo il libro ancora perfettamente identificabile, funzionale e completo anche se privato della copertina. In particolare è facile mettere in luce la ridondanza informativa della copertina se si pensi alla completezza di informazioni contenute nel frontespizio, da una parte, e alla relativamente povera quantità di dati trasmessi da una copertina con legatura editoriale, canonicamente stampata solo nel dorso, dall'altra.

Con riferimento al suo contenuto il libro perciò può essere utilmente diviso in tre parti:

  1. Pagine iniziali dette a volte anche componenti iniziali, nelle quali si include tutto ciò che precede il testo vero e proprio.
  2. Corpo del testo, ovvero l'argomento vero e proprio del libro, testo e immagini, o anche solo testo o solo immagini, come proposto dall'autore.
  3. Pagine finali o coda, comprendente indici, tavole, tabelle, appendici e in genere tutto quello che non fa strettamente parte del testo.